Tutte le volte in cui ho assistito ad una performance di Diana J. Torres, la Pornoterrorista ha concluso la sua esibizione con la frase con cui ho titolato questo mio testo: non sono niente senza le mie amiche. Questa semplice affermazione riverbera nel mio profondo e l’ho fatta mia. Proferirla è per me pratica di consapevolezza, riconoscimento e gratitudine. Mi sento parte di un movimento di lotta e costruzione di possibilità alternative e questo posizionamento è tutt’uno con l’essere in relazione. Per questo voglio inaugurare questo mio blog condividendo questo piccolo spazio con tre libri che ho letto nell’ultimo periodo e che mi hanno appassionato, messo in discussione e trasformato.
Storia del mio breve corpo, di billi-ray belcourt
“Ogni qualvolta viene emanata un’ordinanza restrittiva nei confronti di qualcosa di così fondamentale per la vivibilità del mondo come la gioia, nasce un’attività sotterranea, una transitoria cooperativa di sentimenti, una comune fatta di amore e destinata a non essere percepita dallo sguardo di chi domina. […] Con la gioia squarciamo il velo di sofferenza che ci preclude la creatività e la letteratura. La gioia è arte è un’etica della resistenza”.
belcourt parla da una visuale lontana dalla mia, quella di Not Dead Native nella società nordamericana contemporanea, ma grazie alla sua poesia mi sono sentito meno solo.
Lo spazio non è neutro. Accessibilità, disabilità, abilismo, di Ilaria Crippi
L’autrice evidenzia come “gli spazi che attraversiamo non siano neutri o ‘naturali’, ma siano il frutto di precise scelte, incluse quelle di tipo economico. E’ possibile guardare criticamente alle idee su cui si fondano queste scelte: hanno a che fare con il modello di normalità che abbiamo in mente, che è un modello abilista. Sono idee su chi siano i partecipanti attesi, legittimi, degli spazi; su quali bisogni siano legittimi – ad esempio prevedere quaranta sedie in un’aula universitaria – e quelli che invece possono essere ignorati o quantomeno rimandati tempi migliori. Ci sono tipi di persone la cui possibilità di partecipare è data per scontata, e altri la cui presenza resta invece negoziabile”.
Leggere questo saggio mi ha dato maggiore consapevolezza dell’abilismo in cui sono immerso e che riproduco. Voglio impegnarmi per migliorare, con passi magari piccoli ma concreti.
The RACIAL contract, di charles w. MILLS
L’autore afferma che: “the most important political system of recent global history – the system of domination by wich white people have historically ruled over and, in certain important ways, continue to rule over nonwhite people – is not seen as a political system at all”. La narrazione del Racial Contract è necessaria “to explain the actual genesis of the society and the state, the way society is structured, the way government functions, and people’s moral psychology” e “for understanding the inner logic of racial domination and how it structures the polities of the West and elsewhere”.
Un testo così importante pubblicato negli USA nel 1997 non è stato mai tradotto in Italiano. Per quanto sia molto bello poter leggere un libro nella lingua in cui è stato scritto, e nonostante le contraddizioni implicate in ogni trasposizione, è una perdita incommensurabile per chi non ha la possibilità di leggere l’inglese.